Nel mondo, circa 120 milioni di bambini tra i cinque e i quattordici anni devono lavorare per contribuire al reddito familiare. Per la scuola non resta praticamente tempo. In occasione della Giornata contro il lavoro minorile, l’UNICEF attira l’attenzione sull’infanzia prigioniera del circolo vizioso della povertà.
Masud, dieci anni, lavora in una discarica di Demra, nei pressi di Dacca, la capitale del Bangladesh. È un impiego pericoloso e dannoso per la salute, ma i genitori non possono permettersi di mandare il figlio a scuola e così il ragazzino è alla mercé di oggetti appuntiti e agenti patogeni.
Masud è uno dei circa 120 milioni di bambini tra i cinque e i quattordici anni costretti a lavorare per sostenere la loro famiglia. Non si tratta di dare una mano in casa per meritarsi la paghetta. No, questi bimbi svolgono lavori duri e pericolosi, e spesso vengono sfruttati. Non potendo andare a scuola, alimentano loro malgrado il circolo vizioso della povertà: chi non sa né leggere né scrivere non otterrà un’occupazione migliore da adulto e non sarà a sua volta in grado di mandare i figli a scuola.
Per l’UNICEF, l’istruzione deve avere la massima priorità. La miglior protezione contro il lavoro minorile è l’accesso a scuole gratuite e a misura di bambino, e a lezioni di qualità. Parallelamente, processi sociali e politici hanno contribuito a ridurre di un terzo il lavoro minorile dal 2000.