Se a livello mondiale il lavoro minorile è in calo, in singole regioni conflitti armati e catastrofi naturali ne causano un notevole aumento. In occasione della Giornata contro il lavoro minorile del 12 giugno, desideriamo lanciare un appello a favore di questa infanzia.
Dal 2000, nel mondo il numero di bambini lavoratori è calato di circa un terzo. I progressi sono stati particolarmente soddisfacenti in Asia e nell’area del Pacifico, ma anche in Sudamerica e nell’Africa subsahariana, dove molti meno ragazzini sono stati costretti a porre in secondo piano il loro sviluppo e l’istruzione scolastica.
In numerose regioni di crisi, tuttavia, la situazione non è così rallegrante. Catastrofi naturali e conflitti distruggono vite, inducono famiglie alla fuga e spingono milioni di bambini a lavorare nei campi, nei ristoranti o nelle fabbriche, mentre altri vengono reclutati nei gruppi armati od obbligati a prostituirsi.
Gran parte dei 168 milioni di bambini lavoratori vive in queste regioni. Molti piccoli devono lasciare la scuola e contribuire alla sopravvivenza delle loro famiglie perché, con l’esplosione del costo degli alimentari, il reddito dei genitori non basta. Altri vengono separati dai parenti durante la fuga e sono abbandonati a sé stessi, e altri ancora hanno trovato rifugio con le famiglie in uno Stato limitrofo dove agli adulti è vietato lavorare. Talvolta, i bambini lavorano semplicemente perché non esiste più una scuola o perché non capiscono la lingua del paese in cui sono fuggiti.
Nel quadro degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, la comunità internazionale si è impegnata a bandire entro il 2025 qualsiasi forma di lavoro minorile. A tale scopo, non possiamo dimenticare i bambini delle regioni di crisi. Anche e soprattutto loro hanno il diritto di essere protetti dalla violenza e dallo sfruttamento.