Rapporto dell’ONU mette in guardia sull’aumento delle persone che soffrono la fame

Secondo l’ultimo rapporto sullo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo pubblicato lunedì, l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile di sconfiggere la fame entro il 2030 è seriamente compromesso. Negli ultimi cinque anni, il numero di persone affette da denutrizione cronica è aumentato di varie decine di milioni, al contempo le popolazioni di numerosi paesi sono alle prese con diverse forme di malnutrizione.

© UNICEF/UNI234365/Abdul
Uganda, ottobre 2019: Veronica Naniru, 26 anni, di Lomukori, prepara il cibo per la sua famiglia. Gli operatori sanitari le hanno spiegato che, per evitare la denutrizione, per i bambini un pasto al giorno non basta.

Secondo il rapporto pubblicato annualmente, nel 2019 circa 690 milioni di persone hanno sofferto la fame, vale a dire dieci milioni in più rispetto all’anno precedente e sessanta milioni in più di cinque anni fa. L’esplosione dei prezzi dei generi alimentari rende difficile alimentarsi in modo sano e nutriente. La maggior parte delle persone denutrite vive in Asia, ma il loro numero sta ora aumentando drasticamente anche in Africa. A causa della pandemia di coronavirus, potrebbero aggiungersene altri 130 milioni entro la fine del 2020.

«Siamo ancora lontani dal raggiungere entro il 2030 l’obiettivo di eliminare la fame, l’insicurezza alimentare e qualsiasi forma di malnutrizione che la comunità internazionale si è prefissa cinque anni or sono», ammoniscono nella prefazione del documento i responsabili dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (FISA), del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (PAM) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

Il rapporto in cifre

L’aggiornamento di dati decisivi relativi alla Cina e ad altri paesi densamente popolati ha comportato una revisione al ribasso del numero delle persone colpite da denutrizione, ora pari a 690 milioni. La tendenza dall’inizio dei rilevamenti nel 2000 rimane tuttavia invariata: dopo un regolare calo per alcuni anni, dal 2014 il numero di persone colpite da denutrizione cronica sta nuovamente crescendo.

La maggior parte di loro vive in Asia (381 milioni) e in Africa (250 milioni), mentre in America latina e nei Caraibi sono 48 milioni. Nonostante il tasso di prevalenza mondiale di denutrizione sia rimasto costante negli ultimi anni all’8,9 per cento, in termini assoluti la fame è in chiara espansione dal 2014. Ciò significa che negli ultimi cinque anni essa è aumentata di pari passo con la crescita demografica.

Le disparità a livello regionale sono enormi: con il 19,1 per cento di persone denutrite, l’Africa è la zona più colpita, e la tendenza è al rialzo. Seguono l’Asia (8,3 per cento) e l’America latina e i Caraibi (7,4 per cento). Di questo passo, da qui al 2030 oltre la metà degli affamati cronici nel mondo si troverà nel continente africano.

Gli effetti della pandemia di coronavirus

Se da un lato la lotta alla fame sembra aver subìto una battuta d’arresto, dall’altro la pandemia di coronavirus ha acuito i punti deboli e le lacune del sistema alimentare globale, dalla produzione alla distribuzione, al consumo. È tuttavia ancora prematuro valutare gli effetti delle misure di arginamento dei contagi. Lo studio rivela però che, a causa della recessione generata dalla crisi legata al Covid-19, quest’anno almeno altri 83 milioni di persone, se non addirittura 132 milioni, potrebbero soffrire di inedia, il che mette a repentaglio il raggiungimento del corrispondente Obiettivo di Sviluppo Sostenibile.

Alimentazione malsana, insicurezza alimentare e malnutrizione

Per debellare la fame e la malnutrizione in tutte le loro forme, non basta assicurare cibo a sufficienza alle persone - in particolare ai bambini -, occorre anche garantire un’alimentazione sana. Per molte famiglie ciò non è possibile perché gli alimenti nutrienti sono troppo cari.

Secondo il rapporto dell’ONU, mangiare in modo equilibrato costa molto di più della soglia di povertà internazionale di 1.90 dollari al giorno, basti pensare che anche la dieta sana più economica costa il quintuplo di una a base di solo amido. I prodotti nutrienti, come i latticini, la frutta, la verdura, e quelli ricchi di proteine vegetali e animali sono tra i più costosi in tutto il mondo.

Si stima quindi che a livello globale oltre tre miliardi di persone non possano permettersi di mangiare in modo sano. Nell’Africa subsahariana e in Asia meridionale, si tratta del 57 per cento della popolazione. Il fenomeno interessa però tutti continenti, il che spiega perché la lotta alla malnutrizione sembri ora compromessa. Lo studio rivela che nel 2019 tra un quarto e un terzo dei minori di cinque anni erano sottosviluppati, ossia troppo bassi per la loro età o sottopeso rispetto alla loro altezza, mentre altri 38 milioni erano in sovrappeso. Al contempo, sempre più adulti sono sovrappeso od obesi.

Appello ad agire

Dal documento emerge che un’alimentazione più sana a livello mondiale, con un occhio alla sostenibilità, potrebbe contenere il dilagare della fame e al contempo ridurre i costi. Si stima infatti che un cambiamento in questo senso consentirebbe di bilanciare quasi completamente le spese sanitarie collegate a una dieta malsana, valutate a 1300 miliardi di dollari l’anno nel 2030, e di ridurre fino a tre quarti i costi sociali delle emissioni di gas serra legati alla nutrizione, calcolati a 1700 miliardi di dollari.

Per diminuire i prezzi degli alimenti nutrienti e renderli così più accessibili, il rapporto sottolinea l’importanza di rivedere i sistemi alimentari. Se è vero che le soluzioni sono diverse da paese a paese, e addirittura all’interno dei singoli Stati, vanno comunque adottate misure lungo tutta la catena di approvvigionamento, in seno all’intero settore, come pure a livello di politica economica, che include il commercio, la spesa pubblica e la politica di investimento. Il documento si appella dunque ai governi affinché considerino i principi di un’alimentazione sana nelle loro politiche agrarie, riducano i costi supplementari nella produzione, nello stoccaggio, nel trasporto, nella distribuzione e nella commercializzazione dei generi alimentari - eliminando le inefficienze e gli sprechi -, sostengano i produttori locali nella fabbricazione di cibi sani e garantiscano loro l’accesso ai mercati, diano la priorità alla nutrizione infantile, contribuiscano a un cambiamento delle abitudini alimentari mediante l’istruzione e l’informazione, e integrino questo tema nei sistemi sociali e nelle strategie di investimento nazionali.

I responsabili delle cinque organizzazioni onusiane all’origine del rapporto si impegnano da parte loro a sostenere tale fondamentale cambiamento, in modo che contribuisca a uno sviluppo sostenibile per le persone e il pianeta.

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