Anno pandemico segnato dall’aumento della fame nel mondo

Secondo l’UNICEF, il Sud Sudan sta vivendo la peggiore catastrofe umanitaria dalla sua indipendenza dieci anni fa. Nel più giovane Stato del mondo, due terzi della popolazione (8,3 milioni di persone), oltre la metà bambini (4,5 milioni), dipendono dagli aiuti umanitari.

© UNICEF/UNI374933/Ryeng

L’edizione di quest’anno del rapporto «The State of Food Security and Nutrition in the World» - pubblicato congiuntamente dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), dal Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (FISA), dal Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), dal Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (PAM) e dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) – è la prima valutazione di questo genere in tempo di pandemia.

In passato, il rapporto aveva già lanciato l’allarme sulla situazione alimentare di milioni di persone, tra i quali anche molti bambini. «Purtroppo, la pandemia continua a far emergere le vulnerabilità dei nostri sistemi alimentari, che minacciano la sopravvivenza e le basi vitali di persone in tutto il mondo», dichiarano nella prefazione i Direttori delle cinque organizzazioni.

Esprimendo preoccupazione per la criticità del bivio di fronte al quale ci troviamo, puntano sul rafforzamento del dinamismo diplomatico. «Quest’anno, vertici climatici quali lo UN Food Systems Summit, il Nutrition for Growth Summit e la COP26 offrono una possibilità unica di ripensare i sistemi globali al fine di migliorare la sicurezza e la situazione alimentare. L’esito di questi incontri plasmerà il decennio d’azione per l’attuazione dell’Agenda 2030.»

Le cifre nei dettagli

-    La fame nel mondo ha ricominciato ad aumentare già a metà dello scorso decennio facendo sfumare le speranze di un miglioramento irreversibile. Desta preoccupazione il fatto che l’incremento sia rilevato tanto in termini assoluti quanto proporzionali e abbia superato la crescita demografica: si stima infatti che nel 2020 il 9,9 per cento della popolazione mondiale fosse denutrito, contro l’8,4 per cento nel 2019.

-    Oltre la metà delle persone denutrite (418 milioni) vive in Asia, più di un terzo (282 milioni) in Africa e una proporzione minore (60 milioni) in Sudamerica e nei Caraibi. L’incremento maggiore è riscontrato in Africa, dove si stima che la denutrizione colpisca il 21 per cento della popolazione, oltre il doppio rispetto ad altri continenti.

-    Il 2020 è stato un anno a tinte fosche anche sotto altri aspetti: in totale, oltre 2,3 miliardi di persone (il 30 per cento della popolazione mondiale) non hanno avuto accesso a un’alimentazione adeguata, un indicatore che rivela la portata dell’insicurezza alimentare, aumentata in un solo anno quanto nei cinque precedenti. Anche la disparità di genere è peggiorata, con undici donne (10,6 nel 2019) colpite dalla fame ogni dieci uomini.

-    Nel 2020, la malnutrizione in tutte le sue forme non è calata, e i bambini ne hanno pagato il prezzo più alto: circa 149 milioni di minori di cinque anni erano sottosviluppati (troppo piccoli per la loro età), più di 45 milioni emaciati, rispettivamente troppo magri per la loro altezza, e quasi 39 milioni sovrappeso.

-    Ben tre miliardi di adulti e bambini nel 2020 non hanno potuto nutrirsi in modo sano, principalmente a causa dei prezzi troppo elevati dei generi alimentari. Quasi un terzo delle donne in età riproduttiva soffriva di anemia.

-    Nonostante i progressi in alcuni settori - per esempio l’aumento dei neonati allattati esclusivamente al seno – siamo ancora lontani dal raggiungere l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile «Fame zero» entro il 2030.

Altre cause della fame e della denutrizione

In molte regioni, la pandemia ha causato una fortissima recessione e messo a rischio l’accesso al cibo. La fame però si stava diffondendo già prima, la lotta alla denutrizione arrancava soprattutto nei paesi colpiti da conflitti, catastrofi climatiche, crisi economiche o grandi disparità, tutti fattori individuati dal rapporto quali generatori dell’insicurezza alimentare interagenti tra loro.
Se la tendenza attuale dovesse confermarsi, lo studio stima che l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile «Fame zero» verrà mancato e circa 660 milioni di persone continueranno a soffrire di denutrizione, 30 milioni dei quali potrebbero essere colpiti dalle conseguenze a lungo termine della pandemia.

Che cosa va (ancora) fatto

Come già sottolineato nel rapporto precedente, un punto focale è il ripensamento dei sistemi mondiali al fine di raggiungere la sicurezza alimentare e rendere possibile a tutti di nutrirsi in modo sano ed equilibrato. Il documento pubblicato quest’anno aggiunge un altro tassello e delinea sei vie per la trasformazione, che secondo gli autori si basano su un insieme coerente di misure politiche e portafogli di investimento per eradicare le cause della fame e della denutrizione.

Il rapporto lancia un appello ai detentori dei poteri decisionali politici affinché adottino provvedimenti secondo le cause (o le combinazioni di cause) con le quali è confrontato il loro Stato.

- Integrare misure umanitarie, in materia di politica dello sviluppo e orientate alla pace nelle regioni di conflitto, per esempio misure di protezione sociale volte a evitare che le famiglie esauriscano le loro già scarse risorse economiche per procurarsi cibo.

- Rafforzare la resilienza climatica dell’intero sistema alimentare, per esempio garantendo l’accesso ai piccoli contadini ad assicurazioni di rischio e a finanziamenti in base alle previsioni.

- Aiutare le fasce di popolazione più vulnerabili a superare le difficoltà economiche, per esempio attraverso programmi di sostegno in natura o in contanti volti a ridurre le ripercussioni delle crisi di tipo pandemico o delle fluttuazioni dei prezzi alimentari.

- Intervenire sulle catene di approvvigionamento per ridurre i prezzi degli alimenti più nutrienti, per esempio promuovendo colture biofortificate o agevolando l’accesso al mercato per i produttori di frutta e verdura.

- Lottare contro la povertà e le disparità strutturali, per esempio promuovendo la creazione di valore alimentare aggiunto nelle comunità povere attraverso programmi di trasferimento tecnologico e di certificazione.

- Rafforzare il contesto alimentare e modificare il comportamento dei consumatori, per esempio eliminando gli acidi grassi trans di origine industriale, riducendo la quantità di sale e zucchero negli alimenti e proteggendo i bambini dagli effetti negativi del marketing alimentare.

Il rapporto chiede la creazione di meccanismi di controllo e istituzioni che favoriscano la trasformazione, ed esorta i detentori dei poteri decisionali politici a consultarsi, a rafforzare donne e giovani, e a migliorare la disponibilità di dati e nuove tecnologie. Occorre agire subito, sottolineano gli autori del documento, in caso contrario nei prossimi anni assisteremo a un ritorno sempre più incalzante delle cause di fame e denutrizione, anche parecchio tempo dopo che lo shock della pandemia sarà passato.