I giovani si ribellano alle misure contro il coronavirus. A ragione?

Nicole Hinder
Nicole Hinder

Durante il fine settimana pasquale, la frustrazione è diventata incontenibile. Dopo i disordini di San Gallo, la Svizzera ha oscillato tra incomprensione e solidarietà. Una cosa è chiara: i giovani devono essere maggiormente coinvolti nella strategia di lotta al coronavirus.

© UNICEF/UN0364356/Gil
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Finora, nel dibattito sulle ripercussioni della pandemia i giovani sono passati un po’ in secondo piano. Essendo meno a rischio degli adulti dal punto di vista della salute, beneficiano anche meno delle misure di protezione, le quali però li colpiscono duramente. Da qui il malumore, sfociato in violenza a San Gallo durante il fine settimana pasquale. Molti Svizzeri hanno seguito gli eventi e, nella maggior parte dei casi, hanno espresso incomprensione al riguardo. Se violenza e vandalismi sono sempre da condannare, resta il fatto che gli adolescenti sono al momento privati di tappe fondamentali nel loro percorso di sviluppo verso l’età adulta. Ecco perché è essenziale accompagnare i giovani nelle sfide, nelle paure e nelle esigenze che li concernono. 

L’isolamento sociale, la noia, l’incertezza e l’impossibilità di sfogarsi e fare esperienza sono alcuni dei motivi all’origine della frustrazione e della disperazione. L’adolescenza è un’età di trasformazione, una tappa imprescindibile per lo sviluppo della propria identità. È la fase della ricerca di sé stessi, del proprio posto nella società, del proprio ruolo. Questo processo di formazione dell’identità comporta diversi cambiamenti emotivi, fisici e intellettuali (Istituto di psicologia (2006): «Mein Selbst und ich - darf ich vorstellen?»: Identitätsentwicklung im Jugendalter. Band 2. Hildesheim: Universitätsverlag.). Sono imminenti il passaggio dalla scuola dell’obbligo alla formazione professionale o a scuole superiori, la conclusione di un apprendistato o la maturità. Si tende a staccarsi dai genitori e a scegliersi le proprie compagnie. Corpo e spirito si trovano nel bel mezzo di un importante processo di sviluppo che va elaborato e gestito. In un tale contesto, un anno di limitazioni è un’eternità. Si tratta di sensazioni completamente diverse da quelle provate dagli adulti: per gli adolescenti, lo sbilanciamento psichico e la monotonia quotidiana sono un grave fattore di stress che deve essere compensato (Eckert, M., Tarnowski, T. Merten, L. (2019): Stress- und Emotionsregulation für Jugendliche. Weinheim Basel: Beltz.).  

Possiamo già osservare le prime ripercussioni della pandemia e delle misure adottate. La salute psichica dei giovani desta preoccupazioni e necessita di tutta la nostra attenzione, senza contare che le crisi rafforzano le ineguaglianze nelle strutture sociali, una tendenza già riscontrabile a livello di povertà materiale e di opportunità di formazione (Maggiori informazioni nella nostra presa di posizione sulla chiusura delle scuole (in tedesco).).  Altri effetti del coronavirus si manifesteranno e potranno essere misurati solo fra alcuni anni. 

Se restiamo impassibili, non prestiamo ascolto ai giovani e ci concentriamo esclusivamente sull’aspetto sanitario della pandemia, a medio termine saremo confrontati con problemi ancora più impegnativi. I giovani hanno manifestato grande solidarietà, posto in secondo piano i loro interessi, rispettato le misure e dimostrato notevole resistenza. È tempo di tenere in considerazione le loro rivendicazioni, le loro preoccupazioni e le loro paure. La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia sancisce il diritto dei giovani alla salute, allo sviluppo, a essere informati e alla partecipazione. Spetta agli adulti e agli attori statali fare in modo che questi diritti vengano rispettati.

Dall’inizio della pandemia, le misure sono incentrate sulla salute fisica della popolazione e sulle difficoltà economiche dei lavoratori e delle aziende, il che è più che comprensibile alla luce dell’imprevedibilità del virus e del sovraccarico del sistema sanitario. 

A medio termine, però, questo non basterà: i bambini, gli adolescenti e i loro diritti sono stati trascurati. In quanto società, dobbiamo riflettere bene su quale priorità desideriamo dare loro e su come affrontare le conseguenze sul loro sviluppo. Per rispettare il diritto alla salute e allo sviluppo urge un ampio dibattito sulle libertà che è possibile concedere ai giovani senza mettere a repentaglio la popolazione anziana. Al contempo, bambini e adolescenti devono a loro volta essere considerati nei pacchetti di aiuti: potenziamento della presa a carico psicosociale, aiuti finanziari per gli studenti, sicurezza sociale delle famiglie affinché non cadano ancora di più nella povertà, dotazione digitale delle scuole, recupero delle lacune di formazione apertesi un anno fa, salvaguardia dei posti di lavoro. Un coinvolgimento sistematico delle nuove generazioni nella pianificazione delle misure, un’informazione adeguata sulla pandemia secondo la fascia d’età e inchieste sulla loro situazione consentono di concretizzare il diritto alla partecipazione e a essere informati, e di incrementare il grado di accettazione dei provvedimenti adottati.

L’attuazione della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia non significa permettere ai giovani di scatenarsi in assembramenti selvaggi, tornare a organizzare festival estivi e dimenticare le misure igieniche. Del resto, se si interpellassero al riguardo e li si coinvolgesse nella pianificazione dei provvedimenti, pochi di loro chiederebbero qualcosa del genere. Non è però giusto che siano semplici esecutori. Devono poter contribuire alla ricerca della soluzione. Come società, dobbiamo avere riguardo di tutte le fasce d’età e della loro salute. In tale ottica, bambini e adolescenti devono essere riconosciuti come soggetti giuridici a tutti gli effetti, e coinvolti come esperti nei temi che li concernono. Dobbiamo abituarci a parlare con i giovani, non dei giovani, in tutti i settori della vita e a tutti i livelli statali. Solo così è possibile rispettare quanto sancito dalla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia.